Risposta all’articolo “Il percorso di una transgender torinese. ‘Sono Andrea e così cambierò sesso'” apparso sul Corriere della Sera il 20/07/2022

Nei giorni scorsi Simona De Ciero, giornalista del Corriere della Sera, ha contattato Sei Trans*. Si è presentata come alleata e ci ha chiesto di esprimerci riguardo all’interpellanza discussa in una seduta del consiglio regionale del Piemonte sui disservizi del Centro Interdipartimentale Disturbi Identità di Genere (CIDIGeM) di Torino. Siamo sempre molto cautə quando si tratta di avere a che fare con stampa e media in generale, ben conscə del trattamento abitualmente riservato alle persone trans (linguaggio transfobico e narrazioni umilianti o, nel migliore dei casi, pietistiche). Tuttavia, ci siamo fattə convincere, questa volta, dal volto che si presentava come amico della giornalista e abbiamo pensato potesse essere un’occasione per dare visibilità alla lotta per la salute e l’autodeterminazione delle persone trans che portiamo avanti da un anno.

Purtroppo, però, l’incontro si è rivelato spiacevole e inevitabilmente ha portato frutti pessimi e dannosi. L’articolo di De Ciero, “Il percorso di una transgender torinese. ‘Sono Andrea e così cambierò sesso'”, uscito in data 20 luglio sul Corriere della Sera, è il solito trito rimpasto di pietismo e voyeurismo. Si tratta della sola maniera in cui i media mainstream, espressione diretta dei potentati economici e politici e specchio fedele del basso ventre della società eterocispatriarcale, raccontano la realtà delle persone trans. De Ciero ha usato il tempo, la pazienza, la disponibilità di alcunə di noi in maniera del tutto strumentale al suo misero tornaconto personale. Ha deciso di ignorare le considerazioni politiche che le portavamo, ha chiesto che le raccontassimo “una storia vera” che lei potesse spappagallare con voce falsa. Nonostante nelle bozze glielo avessimo segnalato più volte, ha deliberatamente misgenderato la persona che le ha raccontato la sua storia, ha scelto che poteva fare a meno di tutte quelle attenzioni linguistiche richieste quando ci si occupa di certi temi.

L’articolo, è sotto gli occhi di chiunque lo legga, è lesivo della dignità delle persone trans. Ne prendiamo tutta la distanza possibile e ribadiamo che nessuno dei virgolettati che ci viene messo in bocca è stato proferito da noi in qualche circostanza.

Evitiamo, però, di caricare su questa giornalista l’intera responsabilità della transfobia che permea il suo operato. Riconosciamo che la precarietà e i compensi da fame del mondo dell’editoria scoraggiano chi lavora nel settore a studiare e approfondire gli argomenti di cui scrivono, li aizza invece a cercare il trend, ciò che fa notizia: la pornografia del dolore, lo sciacallaggio delle vite ai margini, il compiacimento paternalista e benpensante. Difficile immaginare che De Ciero e Corriere della Sera abbiano l’onestà intellettuale per scusarsi, ci limitiamo dunque a chiedere loro di rimuovere immediatamente il nostro nome dall’infame articolo.

Ci tocca riflettere su questa esperienza: abbiamo peccato di ingenuità. Ne faremo tesoro per il futuro. Respingiamo ancora una volta le narrazioni pietistiche sui nostri corpi: sì, è vero, molte persone trans soffrono, ma la causa di questa sofferenza non è da ricercare nei nostri “corpi sbagliati”, ma nella transfobia della società e dello stato. I diritti non sono qualcosa che ci si merita o meno, né dovrebbero dipendere da quanta compassione si riesce a indurre: la salute e l’autodeterminazione sul proprio corpo sono diritti di tuttə.